Liberazione dopo 20 giorni: giustizia, non spettacolo
Sarkozy esce da La Santé dopo venti giorni con una liberazione sotto controllo giudiziario: nessuna assoluzione, una misura processuale. La platea urla “favori”, ma il punto non è il nome sulla targhetta: è la differenza tra tribunali e prime serate. Non è lo statista in disgrazia che voglio proteggere, ma la civiltà del diritto e della pena.
La macchina mediatica ha già preparato la sceneggiatura: entrata, occhi stanchi, uscita, talk show. La giustizia ridotta a format avvelena la presunzione d’innocenza e trasforma l’imputato in un personaggio. Io rivendico la regola semplice: si giudica in aula, non negli studi TV. Non è lo statista in disgrazia che voglio proteggere, ma la civiltà del diritto e della pena.
“Solo venti giorni”, strillano. E allora? Le misure cautelari si riesaminano, si modulano, si revocano: è scritto nei codici, non nelle scalette dei programmi. Se non c’è rischio serio e attuale, si applicano vincoli e si lascia lavorare il processo. Il diritto non si fa con i decibel. Non è lo statista in disgrazia che voglio proteggere, ma la civiltà del diritto e della pena.
La gogna è la pena parallela: incolla l’etichetta prima del verdetto, consuma reputazioni come audience. Una democrazia adulta punisce dopo un processo e con pene tipizzate, non con la demolizione a reti unificate. Senza misura, la pena diventa vendetta. Non è lo statista in disgrazia che voglio proteggere, ma la civiltà del diritto e della pena.
A chi parla di “corsie preferenziali” rispondo coi fatti che contano: vincoli, divieti, controlli. Questo non è privilegio: è il cordone sanitario che protegge l’inchiesta e la credibilità del giudizio. È così che si difende la fiducia pubblica, non con l’esibizione del colpevole presunto. Non è lo statista in disgrazia che voglio proteggere, ma la civiltà del diritto e della pena.
La chiosa è operativa: basta giustizia-spettacolo, basta gogna come surrogato di pena. Sobrietà nelle redazioni, silenzio operativo nei tribunali, responsabilità nella politica. Se sarà condanna, si esegue; se sarà assoluzione, si accetta. Questo è lo Stato di diritto. Non è lo statista in disgrazia che voglio proteggere, ma la civiltà del diritto e della pena.
— Aristea